Mirco Acquarelli - La distrazione di un attimo

Storia ed emozioni...

Mirco Acquarelli, testimonial e collaboratore del progetto "Educazione alla Legalità",  è un giovane di Coriano divenuto paraplegico nel 2006 a causa di un incidente stradale. Ora ha deciso di raccontare "senza tabù" la sua storia di forza e speranza ai giovani delle scuole superiori. Abbiamo chiesto a Mirco di raccontarsi così che il suo messaggio positivo arrivi a tutti  e "generi altra positività".

 

La distrazione di un attimo

Il 2006 sarà ricordato come un anno caldissimo, e dietro al bancone di un bar lo è ancora di più. E’ l’una di notte, abbasso la serranda e finalmente sono libero, libero di godermi la serata con la mia ragazza; salto in macchina, dalle casse esce “Tra te e me” dei Binario,  tra poco sono da lei.
Guido spensierato, allungo la mano, sento il tappo ma non riesco a prendere la bottiglietta dell’acqua, si è incastrata tra portiera e sedile, mi sporgo, “fai la brava, vieni qui, ho sete, dai”... odore di petardi, fumo, non sono riuscito a prendere la bottiglietta , sto sognando, questo schiaffo mi ha rintronato. 
Chi lo dice ora ai miei? Un’altra macchina rovinata, gli airbag mi sono esplosi nei denti, spengo la radio, voglio uscire a vedere cos’ho combinato, non devo nemmeno togliere la cintura di sicurezza, non la stavo indossando. 1, 2, 3, fuori….1, 2, 3...1, 2, 3….non riesco ad uscire, non ho la forza nelle gambe, mi devo essere rotto il bacino. Chiamo mio padre: “sto bene... non sento le gambe”. Dopo poco la notte comincia a diventare torbida, forse è la sedazione, l’odore del flessibile è forte e le scintille illuminano il buio di quella semi-curva di campagna. Vedo volti, infermieri, vigili del fuoco, dottori, tutti attorno a me, mi estraggono dall’auto, chiudo gli occhi, li riapro e  sono all’ospedale, vedo i volti dei miei cari, li richiudo.

Cesena
Lesione incompleta del midollo spinale, a Cesena mi operano e mi dicono che potrei non camminare più, sicuramente si stanno sbagliando. Le altre persone mi lavano, mi preparano mi sistemano, capisco di dipendere dagli altri. 
A Cesena il caldo è ancor più insopportabile che nella mia Coriano, dalla cinta in giù non sento più nulla, ma per uno strano inganno dei sensi, le mie gambe sono ora ipersensibili; il solo vedere che mi sfiorano il lenzuolo mi fa impazzire.

Montecatone
Un’isola felice, così mi viene descritto l’istituto di riabilitazione per mielolesi di Montecatone, sopra Imola, dove “fanno miracoli”, “ti aiuterà a migliorare la tua situazione fisica e forse a camminare” continuano a ripetermi.
Le cime di alti alberi stagliate su un cielo azzurro, questo è tutto quello che vedo dal lettino dell’ambulanza mentre percorre il lungo viale di accesso, intanto respiro un forte odore di natura.
La sala di attesa che mi trovo non è una reception, ma una palestra dove un ragazzo senza una gamba è arrampicato ad un attrezzo e ride, un’altro sulla sedia a rotelle alza pesi urlando come Hulk mentre nell’angolo della palestra, nella sua uniforme bianca un fisioterapista parla di “gnocca” e ride; “dove sono finito?  non voglio ridere, io voglio camminare!”.
Il bontempone in bianco mi vede e con la sua chilometrica S bolognese: “Sei te il patacca di Rimini? ti stavamo aspettando, sono Christian, il tuo fisioterapista:”, “No! Proprio lui no!”; poi arriva sulle sue due ruote fiammanti e il suo accento marchigiano: “Ciao Biondo, sono Alfredo, il tuo Compagno di Camera”, e così, atterro sul pianeta Montecatone.
Trascorro il primo mese nel reparto “acuti” indossando un busto per stabilizzarmi, voglio cominciare a lavorare ma soprattutto voglio camminare, ma i miei tempi non coincidono con quelli della struttura. Vedo il mio corpo sfaldarsi, dalla vita in giù non ho più tono muscolare, sono fermo, perdo 22 kg in 20 giorni.
Conosco Gianni, anche lui sulla sedia a rotelle per uno stupido incidente con il motorino, stringiamo una bellissima amicizia, ci facciamo forza a vicenda, mi colpiscono i suoi occhio buoni. É stata dura per lui, sua moglie è morta da un anno e affrontare queste battaglie a 83 anni non è facile, aiutarlo mi fa stare bene.


La riabilitazione
Dopo un mese imprigionato nel busto che finalmente tolgo, comincio la mia fisioterapia, mi esercito mattina, pomeriggio e sera, lo faccio non solo per me ma per tutti coloro che mi amano e che stanno sputando sangue assieme a me; voglio tornare a camminare.
Christian, sempre al mio fianco mi aiuta e mi ricorda che devo prenderla con il sorriso, ma io ancora non riesco a ridere, voglio spaccare il mondo.
Lavoro ininterrottamente, Gianni si allena con me, è una persona speciale, di quelle che nella vita si incontrano una volta sola, lo stimolo in continuazione, è faticoso tenerlo su di morale, ma lui è super, fa molti più progressi di me.
La domenica arriva anche a Montecatone, ma per me è un giorno come gli altri, non mi voglio certo fermare e continuo i miei esercizi; durante una seduta di elettrostimolazione, il mio quadricipite destro, ormai atrofizzato fa un guizzo, una piccola contrazione appena percettibile, ma per me infinitamente grande e potente, subito il mio entusiasmo vola tra le stelle, “voglio camminare!”.
Non voglio nemmeno pensare alle carrozzine che mi propongono per il futuro, ne accetto una purché provvisoria.
Il primo sussulto di quel quadricipite ha spostato tutti i miei target, ora comincio a mettermi in piedi indossando scarponi da palombaro e spostandomi tra due parallele, posso tornare a camminare.
Sento nuovi movimenti e scopro vivi muscoli di cui mi ero dimenticato, così vengo promosso al reparto post-acuti. Lascio Christian, l’angelo custode con il camice bianco e vengo affidato ad un nuovo fisioterapista che vedendomi vivere solo di caffè e palestra, subito mi dice: “Non esagerare o perderai la testa, poi capirai”. Non capisco e non voglio capire, voglio solo camminare. 
Nel frattempo mi insegnano a vivere da disabile, salire una rampa o un gradino, muoversi in una casa per disabili, usare un bagno per disabili, ma io sono Mirco, non un disabile! 
La fisioterapia continua, impiego il mio 150% indossando i paraocchi come un cavallo, ma ora non faccio più progressi  e questo mi incattivisce ma per fortuna Gianni mi è vicino e mi dà forza.
Il tempo vola quando si lavora duro, ed io certo non mi sono risparmiato, così si avvicina il Natale, e vedendo che non riesco ad andare oltre a dove sono arrivato, mi dicono che presto andrò a casa. La notizia è forte e mi rende felice, non ha però lo stesso effetto su Gianni che ha ancora un percorso da affrontare a Montecatone. Ora dovrà lottare da solo e come se non bastasse gli viene una bella febbre a 40.
Come il mio corpo, anche la mia casa, distante 90km, subisce una metamorfosi, ri-adattandosi alle mie nuove gambe su gomma e ora che i progressi tanto agognati si sono fermati e il mio percorso a Montecatone è ormai volto al termine, è pronta ad accogliermi; i miei cari, sempre sorridenti ma con il dolore incelabile negli occhi, mi raccontano che ora il bagno mi sarà completamente accessibile, che gli scalini sono diventati scivoli e che un rombante montascale affianca il corrimano.
Sono passati 5 mesi dal mio arrivo a Montecatone, e adesso le mie valigie sono nel corridoio, davanti alla guardiola, aspetto solo la lettera  di dimissioni, presto potrò vedere l’albero addobbato che mi aspetta nella mia casa, ora senza barriere, il Natale è alle porte ma mentre aspetto incrocio la figlia di Gianni che mi abbraccia e mi sussurra: “Grazie, mio babbo non c’è più, ti ha sempre visto come il suo angelo custode, lo hai fatto andare via col sorriso”. In una settimana la febbre l’ha riunito alla sua amata moglie.

Il ritorno
Coriano nei 6 mesi senza di me è rimasta la stessa, e il mio bar è la mia seconda casa, così appena arrivato mia mamma mi prepara un cappuccino con un cuore di cacao che mi ricorda inequivocabilmente quanto sia grande il loro amore per me; mi avvicina una signora impellicciata ed inanellata che dall’alto della sua naturale statura mi guarda e mi dice: ”Poverino, come stai?” “Poverino a chi? ma ti sei vista?”. Mai più vista!
Ora, poverino a parte, ho una vita da re-inventare, non sarà facile ma ho un gran desiderio di mangiarmi il mondo; qui, su questa carrozzina “ultra fast”, nasce la mia seconda vita.
Aiutare Gianni è stato quello che mi ha fatto stare meglio, mi è chiaro che voglio fare qualcosa per gli altri. 

Re-inventarmi

 

Provo tutti gli sport che posso, faccio tennis da tavolo e poco dopo vinco il bronzo ai campionati paralimpici nazionali; mi butto a capofitto ad organizzare eventi e vengo coinvolto nella preparazione della Karatella Race, una discesa per le vie di Coriano su mini macchine autocostruite e addobbate come carri carnevaleschi.
Collaboriamo in tanti per rendere la Karatella Race, un nuovo grande evento che coinvolge e diverte oltre 10.000 persone, dai nonni ai bambini e che piace molto ai piloti motociclistici che accorrono per partecipare: l’indimenticabile Marco Simoncelli, Nicolò Bulega, Alex De Angelis e Mattia Pasini. 
Per promuovere la Karatella nel 2015 assieme al parroco ed al sindaco di Coriano ci lanciamo col paracadute da 4000 metri, ora ho anche le ali!
Questo mega evento tutto romagnolo crea felicità per chi vi partecipa e per chi vi assiste;  organizzarne 6 mi rende felice; inoltre, l’intero ricavato viene devoluto in beneficenza (A.R.O.P., Dr. Clown)  e riusciamo anche ad avviare un centro giovani a Coriano nel quale divento organizzatore e parte attiva.
Dopo 10 anni e 8 di carrozzina, finisce la storia con la mia fidanzata, ma non per colpa della carrozzina e del suo indotto, era semplicemente arrivato il momento, ma per ogni storia che finisce,  una nuova ne nasce.
Arriva poi il momento del basket, comincio a giocare e ad allenarmi quando si insinua un sogno: creare una squadra a Rimini. Dopo 3 anni, tante difficoltà e l’aiuto di amici e collaboratori, quella squadra sta per partecipare al campionato di serie B.

Oggi
Sono passati 11 anni da quella distrazione, la mia carrozzina è provvisoria, e ancora non ho smesso di sperare di tornare a camminare, ho raggiunto un’autonomia del 100% e la mia vita ha semplicemente uno stile diverso, se c’è un ostacolo per le mie ruote, trovo un’altra strada per aggirarlo.
Sempre più spesso sono chiamato a raccontare in pubblico di me, ma io amo raccontare le mie emozioni, non solo la mia storia e quando vedo gli occhi di chi mi ascolta brillare, so di avere colpito da qualche parte.
Abbiate voglia di vivere e fatelo con il sorriso, siate positivi, la positività porta positività.

Mirco